Le foto e le leggi


Finché si fotografa un tramonto non ci sono problemi. Ma possiamo fotografare una persona per strada? Una pattuglia della polizia? L’interno di un negozio o di un museo? E queste foto possiamo pubblicare su un sito, un microstock, un giornale o in un bozzetto pubblicitario?

Vediamo di fare chiarezza sugli aspetti legali della fotografia e dei microstock. Chi ama fotografare, sia che lo faccia per hobby sia che lo faccia per professione, sa in che ostacoli può incappare quando si allontana dai primi piani dei rigatoni o dai tramonti per avventurarsi nella foto di strada, nei ritratti o nella cronaca. Mamme inferocite che gridano al pedofilo e pretendono il “rullino” con la foto del pargolo colto in quella bella espressione che ci aveva fatto rizzare le orecchie di buon ritrattista. Vigili ottusi che fanno spostare il treppiede perché occupa il suolo pubblico. Poliziotti che pretendono la formattazione della card perché inquadrati in un normale pattugliamento sulla pubblica via. Bottegai che non permettono scatti nel loro rivendugliolo nemmeno senza flash e cavalletto. E una volta che lo scatto, bene o male, è stato portato a casa, cominciano altri problemi. Quella bellissima foto del concerto, in cui si vede il cantante e il pubblico, la potrò pubblicare sul mio sito? La foto del matrimonio la posso vendere a un’agenzia fotografica di stock? Il passante lo posso pubblicare da qualche parte esercitando il “diritto di cronaca”? Per quanto riguarda gli scatti permessi e vietati, in Italia, più che nel resto del mondo, la situazione è resa confusa dalla mancanza di leggi specifiche, da una miriade di regolamenti comunali, provinciali e regionali e dall’interpretazione ballerina di varie leggi legate alla privacy, al diritto d’autore e al copyright. Per quanto riguarda invece l’uso che si può fare delle foto una volta scattate ci sono più certezze, sia quando le vogliamo pubblicare esercitando il diritto di cronaca, che però ha limiti non ben definiti, sia quando le vogliamo usare per un uso non giornalistico, come quando una foto viene usata per una pubblicità, per merchandising, e cioè stampata su una maglietta o su una tazzina) o per una brochure di un’agenzia viaggi. Vediamo più in dettaglio cosa dice o non dice la legge sia per lo scatto sia per la pubblicazione e la vendita nei microstock.

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La fotografia di strada

Un fotografo che si rispetti si porta la macchina in giro e se vede un bel soggetto, da una fontana a una persona, vuole fotografarlo. Indipendentemente dall’uso che farà poi dello scatto. In Italia la legge si limita a disciplinare la pubblicazione di queste foto, come vedremo più avanti, ma non c’è nessuna norma specifica che vieti di scattare foto per strada e non prevede consensi, licenze o permessi particolari da richiedere a chicchessia. Questo non vuol dire che possiamo inseguire mamma e figlio per tre isolati cercando di coglierli in un espressione particolare. Anche perché abbiamo detto che non esiste una legge specifica che ci vieta di fotografare, non che non esistono leggi che possano essere invocate per fermare il fotografo troppo invadente. Una di queste è contenuta nel codice penale, e più precisamente l’articolo 660 prevede una punizione per “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”. La pena? Arresto fino a sei mesi e fino a 516 euro di ammenda. Un articolo di legge che va interpretato ovviamente. Nessun giudice ci potrà condannare per molestia perché abbiamo scattato una foto, ma se ne abbiamo fatte duecento a una persona che ci ha pregato di non fotografarla, i presupposti per una denuncia per molestie ci sono tutti. Ci vuole buon senso.  

Fotografare i monumenti

Un altro dubbio può insinuarsi in un fotografo alle prese con vigili troppo zelanti che proibiscono da un luogo pubblico di fotografare monumenti o opere d’arte esposti al pubblico. Hanno ragione a impedirmi di fotografare? La risposta è no, anche se in effetti le forze dell’ordine possono impedirci di posare il cavalletto sulla pubblica piazza invocando l’illegittima occupazione di suolo pubblico. Ma bisogna proprio trovare il pignolo per arrivare a tanto. In inglese la possibilità di fare questo genere di fotografie si chiama “panorama freedom”, libertà di panorama e una bella trattazione di questa libertà teorica che ci consente di poter fotografare un soggetto, un edifico o un’opera d’arte che si trovano in un luogo pubblico la troviamo su Wikipedia a questo indirizzo. La libertà di panorama è sancita in dalle leggi nazionali sul copyright. In genere è possibile scattare senza problemi, anche se alcuni edifici o situazioni possono essere tutelati e le foto scattate non si potranno pubblicare senza liberatoria. Uno dei casi più eclatanti è rappresentato dalla Tour Eiffel. Niente ci può impedire di fotografarla giorno e notte. Ma se la immortaliamo dopo il tramonto non potremo pubblicare le foto in ambito pubblicitario, perché la sua illuminazione notturna è coperta da copyright. Potremo pubblicarla nell’esercizio del diritto di cronaca, ma non deve essere il soggetto principale della foto. Se la libertà di panorama consente di scattare foto, la loro pubblicazione non è però automatica. Anzi, spesso è il contrario perché ogni edificio o scultura è soggetto alle leggi sul copyright e la fotografia che lo riprende viola la legge sul copyright in quanto viene considerata un’opera derivata.

Niente liberà in Italia

Nel Regno Unito e in molti altri Stati vige la libertà di panorama, ma in Italia la normativa sul copyright non contiene alcuna eccezione per le fotografie scattate in luoghi pubblici e quindi la libertà di panorama teoricamente non è prevista. Non potremmo, per dire, pubblicare una foto del nuovo ponte di Calatrava a Venezia. Una scappatoia? E’ rappresentata dall’articolo 70 della legge 633 del 1941, che consente la riproduzione fotografia di opere con fini di critica o di discussione e purché non costituisca concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera. Molto fumoso, perché la pubblicazione in sé può essere configurata come concorrenza. Val la pena comunque di ricordare che in Italia il copyright sulle opere d’arte scade al settantesimo anno dalla morte dell’autore, per cui fotografare e diffondere un quadro, un monumento o un edificio dopo questo lasso di tempo non comporta alcun problema. Leonardo Da Vinci è morto da ben oltre 70 anni, ma non per questo entriamo spavaldi nel Convento di Santa Maria delle Grazie di Milano per fotografare il Cenacolo. Nei musei e in qualsiasi altro luogo privato, anche se aperto al pubblico, dobbiamo sottostare alle regole dei padroni di casa. E se c’è scritto che non si può fotografare, semplicemente non lo possiamo fare. Il custode può sequestrare la macchina fotografica o la memory card? Assolutamente no: si tratta di una cosa che può fare soltanto l’autorità di polizia con contestuale redazione e consegna di un verbale. Se non vogliamo andare troppo per le lunghe, magari per aspettare l’arrivo della Polizia che a quel punto il custode o chi per esso immancabilmente chiamerà, se abbiamo fatto delle foto in un luogo dove era proibito farle, cerchiamo una soluzione diplomatica offrendoci di cancellare le foto incriminate dalla scheda o di formattarla davanti alla persona che sta facendo valere il suo diritto.

Scatti rubati alla Polizia

Salvo casi particolari, come in prossimità delle zone militari, non c’è una specifica legge che vieti di riprendere le forze dell’ordine in aree pubbliche, anche durante azioni o manifestazione e anche se non siamo giornalisti iscritti all’Ordine. Durante qualsiasi operazione di polizia è quindi legale fare fotografie, e pure riprendere gli agenti in volto. Infatti, quando non vogliono essere riconosciuti durante azioni nelle quali è fondamentale non svelare la loro identità, spesso vediamo che indossano i passamontagna. Non è che possiamo stare del tutto tranquilli, però. Perché le forze dell’ordine potrebbero procedure comunque al sequestro dell’attrezzatura nel caso sostenessero che abbiamo ripreso qualcuno nell’atto di commettere reato e che quindi i nostri scatti potrebbero essere utili ai fini delle indagini. Nel caso fossimo vittime di un sequestro di attrezzatura che riteniamo ingiusto potremmo invocare un abuso di ufficio del Pubblico Ufficiale, in nome dell’articolo 323 del Codice Penale. Ma non è il caso di arrivare a tanto. Abbiamo fatto una prova. Volevamo fare degli scatti a una pattuglia della Polizia Stradale (113) all’opera in un normale controllo. La prima pattuglia ci ha vietato di fotografare. Avremmo potuto impuntarci e scattare lo stesso, ma la discussione avrebbe potuto degenerare in ostacolo alla loro attività e ci avrebbe fatto passare dalla parte del torto. Un’ora dopo abbiamo incontrato un’altra pattuglia alla quale abbiamo chiesto di poter fare qualche fotografia, promettendo loro di eliminare le foto con i volti delle persone e la targa del veicolo. Ci hanno consentito di fotografali senza problemi. Anzi, hanno indossato il berretto che avevano lasciato in macchina a dato una spolveratina ai fari. Abbiamo poi chiamato il Ministero dell’Interno chiedendo se fosse possibile o no fotografare le pattuglie. Non hanno risposto ne sì ne no, ma ci hanno detto che, fissando un appuntamento, ci avrebbero mandato loro una “pantera” da fotografare. Ci vuole un po’ di diplomazia. Nient’altro.

Vendere i volti

Abbiamo visto all’inizio come nessuna legge, se non le molestie, ci vietino di fotografare gente per strada. Ma poi cosa possiamo fare legalmente di queste foto? A seconda di una serie di fattori le potremo pubblicare in un sito web, in una rivista o nell’ambito di pubblicazioni commerciali come brochure o pagine pubblicitarie. Dobbiamo riferirci al diritto all’immagine, che trova risposte sia nel Codice Civile e sia nella legge sul diritto d’autore. L’articolo 10 del Codice Civile dice che non si possono pubblicare foto di una persona quando questa comporti pregiudizio al suo decoro o alla sua reputazione. Se vediamo un cittadino qualsiasi che si mette le dita nel naso non potremo quindi ragionevolmente pubblicarne la foto. L’articolo 96 della Legge 633 del 1941 sul diritto d’autore dice anche che il ritratto di una persona (in pratica qualsiasi volto riconoscibile) non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il suo consenso. Una norma di questo genere, presa a se stante, farebbe chiudere i battenti a qualsiasi giornale e la maggior parte delle cartoline in circolazione sarebbero illegali, visto che qualche volto di persone comuni appare sempre. Per fortuna viene in nostro soccorso l’articolo successivo della stessa legge, che recita così: “Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata”. Anche Brad Pitt con le dita nel naso non si dovrebbe pubblicare, quindi. Insomma, da questo punto possiamo stare tranquilli. Facciamo comunque attenzione che le persone ritratte non siano predominanti rispetto al contesto: un conto è una foto del Colosseo con qualche volto riconoscibile, un altro un primo piano di un cittadino qualsiasi. In quest’ultimo caso è meglio munirsi di liberatoria.

Tutto risolto con la liberatoria

Il sito di microstock Dreamstime è un esempio emblematico delle regole che dobbiamo seguire per vendere i nostri scatti. Nella sua sezione normale, dalla quale i clienti comprano foto per usi non editoriali (non legati alla cronaca, per capirci), non si possono caricare foto che abbiano marchi, logos, design riconoscibili, edifici protetti da copyright e volti di persone riconoscibili senza la liberatoria. Quest’ultimo è un documento da far firmare alle persone inquadrate in modo che consentano l’uso della loro immagine per ogni tipo di scopo legale, dalla pubblicazione su una maglietta a un layout pubblicitario. La liberatoria serve anche per foto riprese all’interno di musei o edifici privati, ma in molti casi è quasi impossibile ottenerla. In Dreamstime è però stata attivata anche una sezione “editorial” per usi legati alla pubblicazione nella cronaca di giornali e riviste. E qui le regole sono veramente diverse: sportivi, attori, gente comune ripresa in pubblico possono essere inseriti nel sito anche senza liberatoria. E, in questa sezione, si possono pubblicare foto con loghi e marchi, come quelli degli sponsor sulle divise degli atleti ad esempio. In conclusione, nell’ambito del diritto di cronaca il fotografo, anche se non è un giornalista, ha le mani più libere. Ottenere la liberatoria è comunque il primo passo da fare per avere la possibilità di avere un utilizzo più ampio degli scatti. Con la liberatoria firmata dal genitore è possibile pubblicare anche foto di minori, naturalmente in contesti che non pregiudichino il loro decoro così come indicato per le foto dei maggiorenni. Le foto di nudo artistico non hanno limiti di pubblicazione, se non quelli dettati dal comune senso del pudore, dalla politica del media che le riporta e dalla presenza della liberatoria nel caso in cui il modello o la modella siano riconoscibili. Un bel fondoschiena, a meno che non sia quello di Rosa Fumetto nella mitica pubblicità degli slip Roberta che ormai è più noto della sua faccia, non richiede liberatoria.